I cookie di Google scompariranno entro la fine dell’anno e cosa questo significa per te, ecco le ultime novità del mondo digitale
Il mondo digitale sta per subire un’importante svolta: Google ha annunciato l’addio ai cookie, uno strumento di tracciamento ampiamente utilizzato dalle aziende per raccogliere informazioni sulle abitudini di navigazione degli utenti. Ma perché la decisione è stata presa proprio ora? Quali saranno le conseguenze per gli utenti e le aziende? In questo articolo esploriamo le ragioni dietro la scelta di Google e le possibili implicazioni per il futuro della pubblicità online.
Cosa sono i cookie e come funzionano
Ogni volta che navighiamo su un sito internet, lasciamo tracce numerose sia sul nostro browser che più ampiamente sul nostro computer (i cookie sono meno usati sulle nostre schede telefoniche). Infatti, quando accediamo a un URL specifico, chiediamo al server di mandarci tutti i componenti che formano un sito internet, come le immagini, il testo, il layout.
Tuttavia, il sito non si restringe solo a mandarci ciò che riusciamo a vedere, ma ci invia anche vari altri file che vengono “parcheggiati” sul nostro disco rigido, inclusi i cookie. I cookie, chiamati “biscotti” in inglese, sono file di testo piccoli che permettono al server del sito internet che li ha posizionati di racimolare informazioni specifiche sull’operatività dell’utente su quelle pagine internet, come l’accesso al sito e le azioni eseguite lì.
Ogni volta che il dispositivo si ricollega al sito, rispedisce indietro i cookie, il che permette di seguire l’operatività dell’utente con il passare del tempo. Il termine “cookie” deriva dalla tecnica usata nei circondari UNIX a partire dagli anni ’80, chiamata “magic cookie”. La prima volta che si è adoperato tale termine in campo informatico risale al 1979.
I cookie includono vari tipi di dati, come stringhe di testo quali il nome del sito e dati crittografati che sono solo e unicamente leggibili dal sito stesso, fungendo come un valore algebrico per riconoscere l’apparecchio dell’utente. Possono contenere informazioni personali, ma solo nel caso in cui l’utente le abbia fornite esplicitamente al sito, ed esse sono custodite attraverso la crittografia. Come alternativa, tali dati personali possono essere conservati sul cloud anziché sul computer.
Recentemente, Google, dopo diversi anni dalla presentazione del suo progetto Privacy Sandbox, ha introdotto un nuovo strumento che, di default, limita i cookie di terze parti all’1% degli utenti di Chrome nel mondo. Avendo Chrome la maggioranza del mercato globale dei browser, secondo Gizmodo, Google ha così eliminato i cookie per 30 milioni di utenti. Google ha definito queste misure come una sperimentazione, pianificando una piena implementazione per la totale eliminazione dei cookie entro la fine dell’anno.
Le modifiche in questione, tra le più rilevanti mai apportate nel panorama della pubblicità online da 600 miliardi di dollari all’anno, riguardano appunto l’uso dei cookie, un dispositivo tecnologico che registra le operazioni degli utenti su internet e che consente agli inserzionisti di offrire annunci specifici. Google aveva già comunicato nel gennaio 2020 ai pubblicitari, editori e altri attori del settore dei media digitali la sua decisione di eliminare i cookie da Chrome. Tuttavia, gli inserzionisti non sembrano ancora preparati a questo importante cambiamento.
Google, il gigante tecnologico con sede a Mountain View, ha delineato una strategia responsabile volta a eliminar progressivamente i cookie di terze parti su Chrome. In una recente intervista, il vicepresidente Anthony Chavez ha chiarito che, nel caso l’utente riscontri problemi con un sito che non funziona senza cookie di terze parti, Chrome offrirà l’opzione di riattivarli temporaneamente.
La mossa fa parte degli sforzi di Google per creare un Internet più riservato
Google ha sviluppato l’iniziativa Privacy Sandbox, pensata per essere un’alternativa ai cookie. Il progetto mira a equilibrare la pubblicità mirata con il rispetto della privacy dell’utente, raggruppando gli utenti in base ai loro comportamenti di navigazione recenti e abbinandoli a pubblicità pertinenti.
Secondo quanto riportato da Engadget, Google sostiene che il sistema sarà meno invasivo dei cookie tradizionali. I dati vengono elaborati sul dispositivo dell’utente, mentre gli interessi dell’utente vengono conservati per un periodo di tre settimane.
In termini di miglioramenti, questa è un’aggiunta significativa perché impedisce effettivamente a terze parti di monitorare l’attività di navigazione dei singoli utenti. Questo è certamente un progresso, anche se è da notare che esistono browser più adatti a chi dà la priorità alla privacy rispetto a Chrome. Safari (il browser di Apple), Firefox e DuckDuckGo hanno già inibito i cookie di terze parti da tempo, senza però sostituirli con altri metodi di monitoraggio, seppure più riservati.
E le preoccupazioni degli inserzionisti?
In effetti, alcuni pubblicitari sostengono che ne usciranno penalizzati. Per molti siti web, i cookie rappresentano un elemento cruciale nella vendita di pubblicità, da cui dipendono. “La soluzione di Google, il Chrome Privacy Sandbox, che funziona solo su un browser Chrome, probabilmente non avvantaggerà nessuno tranne Google”, ha dichiarato Phil Duffield, vicepresidente britannico presso The Trade Desk, una piattaforma che permette alle aziende di comprare annunci pubblicitari online, citato dalla Bbc. “Salvaguardare la privacy dei consumatori online non deve rendere più difficile per gli editori generare ricavi”, ha evidenziato Duffield. “Il 2024 è iniziato con un duro colpo per i professionisti del marketing. A partire dal 4 gennaio, Google inizierà a disabilitare i cookie di terze parti. Questa non dovrebbe essere una novità per l’industria; tuttavia, quasi la metà dei manager del marketing sa poco o niente delle soluzioni senza cookie e ID attualmente disponibili”, ha aggiunto Francesca Lerario, Managing Director Southern Europe di Ogury, tecnologia pubblicitaria anglo-francese con un modello di pubblicità basato sul consenso esplicito degli utenti alla raccolta di dati. Lerario conclude che “i pubblicitari non devono più ignorare questo problema, specialmente con l’arrivo del nuovo anno. Non dovrebbero aver paura del futuro, ma piuttosto vedere queste sfide come un’occasione per cercare soluzioni su larga scala che permettano una precisa segmentazione del pubblico senza l’uso di identificatori. Solo in questo modo, con l’inizio del nuovo anno, i responsabili del marketing saranno preparati.”
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