In caso di truffa informatica che svuota il conto corrente, si può chiedere il risarcimento alla banca? Ecco cosa dice l’ultima sentenza.
Una delle truffe informatiche che da anni è tra le più diffuse riguarda i nostri conti bancari. Hacker e cybercriminali hanno tra le loro mani armi potenzialmente letali, che riescono a far sì che i nostri dati di accesso non siano così sicuri come si credeva. Tra email di phishing, SMS pericolosi e malware da scaricare inconsapevolmente, la paura è sempre più grande e c’è la possibilità che il conto venga svuotato da malintenzionati.
Nel caso in cui si dovesse diventare vittime di questo sistema, cosa si può fare? C’è la possibilità di chiedere un risarcimento alla banca? Dopo diverso tempo, ora abbiamo finalmente una certezza in più a riguardo. Si è tenuta una sentenza nei giorni scorsi che toglie ogni dubbio a riguardo, ecco quali sono i nostri diritti in quanto utenti del web qualora dovessimo venire colpiti da una truffa.
Truffa informatica del conto corrente: quando si può chiedere un risarcimento alla banca
Una recente decisione presa con una sentenza chiarisce maggiormente il quadro in merito ai nostri diritti in quanto utenti del web quando veniamo colpiti da truffe informatiche che svuotano il conto corrente. In particolare, la domanda che più spesso le persone si sono poste è se c’è la possibilità di chiedere un rimborso direttamente alla banca in caso si venisse fregati.
La decisione è arrivata da parte dell’ABF, ossia l’Arbitro Bancario Finanziario. Ed è andata in favore di una consumatrice assistita da Adiconsum Verona, che aveva perso una somma di oltre 2000 euro per via di una truffa informatica. “La consumatrice aveva prima ricevuto un messaggio riguardante una presunta anomalia sul suo conto corrente, e poi una telefonata da parte di un operatore del proprio istituto di credito. Che la invitava a fornire alcuni codici inviati per messaggio con l’obiettivo di risolvere il problema” ha spiegato il Presidente dell’Adiconsum Verona Davide Cecchinato.
Dunque una pericolosa truffa andata a segno senza fornire né pin, né password e nemmeno il codice di accesso personale. Ecco perché, dopo la sentenza, ora la vittima potrà ricevere il suo rimborso. In quanto l’ente bancario non si è dimostrato sicuro a livello di sistemi di protezione. Qualora la donna avesse dovuto fornire informazioni personali, le sarebbe sorto il dubbio e la truffa non sarebbe continuata. L‘avvocato Davide Cecchinato ha consigliato ad altre possibili vittime di contattare sempre Adiconsum Verona per risolvere il problema ed ottenere i risarcimenti necessari.